TORINO, per Cairo è una questione di cuore

TORINO – In una lunghissima intervista rilasciata al giornale Tuttosport Urbano Cairo parla della situazione del Torino. Questo il testo integrale:

Buon giorno, presidente Cairo. Sabato è parso vera­mente arrabbiato per la contestazione.
«Sì, perché non penso solo a me, ma anche al bene del Toro e ai giocatori. Che patiscono. Se si vuole lottare per la A, un cli­ma così negativo danneggia di sicuro la squadra a gioco lungo. La condiziona psicologicamen­te, la distrae, la turba. Tutti questi cori ostili, la confusione sulle gradinate… Creare dal nulla contestazioni del genere significa togliere punti decisivi al Toro, in un campionato. I gio­catori vedono in me un punto di riferimento, sono il loro pre­sidente. E io credo in loro, li sti­molo, li pago, ho un rapporto molto bello con tanti… E soffro­no questa situazione, la pati­scono, anche se poi nelle inter­viste dicono di non essersi neanche accorti della contesta­zione… Ma che possono dire? E’ ovvio che rispondano così. Intanto anche loro mi trasmet­tono sempre affetto e solida­rietà. Però restano penalizzati grandemente da questa situa­zione assurda ordita da pochi noti. Il gruppo che mi attacca è sempre il solito, da un annetto: anche sabato ne avrò contati 200 o poco più di scalmanati contro di me. Un accanimento a priori. Di pochi che non pos­sono pensare di decidere il de­stino di una società a dispetto di tutto e tutti. E’ intollerabile. Comunque sia, io tiro dritto, punto e basta. Ci ho fatto l’abi­tudine. La considero talmente ripetitiva questa cosa che neanche mi tocca più. Vale an­che per gli episodi incivili che sono successi lontano dallo sta­dio. Senta, posso andare avan­ti io senza interruzioni?».

Se vuole sfogarsi…

«Voglio mettere un nuovo pun­to fermo. Ho il cuore pieno. Per­ché io ci metto proprio quello, il cuore, oltre al portafoglio. Per la cronaca, dal 2005 a oggi ci ho rimesso 40 milioni. Ma sono contentissimo lo stesso di aver salvato il Toro, anche se avrei potuto tenerli in banca, quei soldi. Però la realtà è questa. E questa nuova stagione di B mi costerà almeno 15 milioni. Già ne sto pagando. Gli stipendi di luglio sono stati appena versa­ti, entro novembre salderò an­che agosto e settembre. Insom­ma, denaro vero. E tanto. Ri­peto: 40 milioni ci ho rimesso. Se non fossi arrivato io, dove sarebbe il Toro oggi? Sarebbe morto, temo. Lo dicono i fatti. E riflettete pure sul fatto che la gente, il vero popolo del Toro, sta comprendendo sempre di più tutto ciò. Proprio sabato si è visto benissimo come tutto uno stadio si sia ribellato in modo veemente, con cori e fi­schi, dopo l’ennesimo show di quei pochi. La gente è con me perché vede che ce la sto met­tendo davvero tutta per il bene della squadra. E vede anche che nessuno mi aiuta. Ricono­sce il mio impegno genuino. La gente del Toro incarna lo spiri­to di Davide contro Golia. E in me vede Davide. Non ho anco­ra battuto Golia, ma nemmeno sono stato battuto. Ecco perché il vero popolo granata mi so­stiene, mi esprime solidarietà. E sabato, con quella reazione, ha dimostrato di avere le palle: come sempre. Li ringrazio. Mi ha fatto molto piacere. Mesi fa, un sondaggio dimostrò che il 70% dei tifosi è con me. Ora ne farò fare un altro, sono proprio curioso… Intanto un gruppo del tutto minoritario si accani­sce, si ostina ad attaccarmi in modo incivile. Nonostante si stia tutti lavorando… io per pri­mo… per costruire un Toro nuo­vamente vincente, per tornare in A. Mi viene da pensare ma­le. Da pensare che non tutto sia spontaneo. Sembra proprio che io e il Toro diamo fastidio a qualcuno. Penso anche agli er­rori arbitrali: ci hanno fatto re­trocedere con sbagli pazzeschi, mentre gli errori erano tutti a favore del Bologna. E nella scorsa stagione abbiamo avuto il record di espulsioni, per fini­re con un rigore e un gol nega­ti nella finale playoff di andata. Clamoroso. Perché tutta que­sta voglia di destabilizzare il Toro? Mi tornano alla mente le parole di chi nel 2005, quando il Toro era fallito, morto, diceva che a Torino doveva esistere una sola squadra. Sommo tut­to, potrei scriverci un libro. Ho tanti dubbi, difatti. Ma non mollo. Anzi, sono ancor più mo­tivato. Perché ho preso degli impegni precisi con i tifosi veri del Toro e con Petrachi, Ler­da, Ferri, Comi, tutto lo staff, i giocatori… Non scappo mai dalle responsabilità, io. Credo fortemente nel nuovo progetto a lungo termine. E ho la sensa­zione di aver trovato attorno a me le persone giuste, di gran­de qualità. Mentre di acquiren­ti non ce n’è neanche l’ombra. A febbraio dissi che mettevo il Toro in vendita. E non si è vi­sto nessuno all’altezza. Bene, segnatevi questa data: il Toro non è più in vendita. Poi, per carità, se arrivasse una perso­na seria e molto più ricca di me, beh, non sarei matto… Ma non c’è. Costruisco io, il nuovo Toro. Con ancor più motivazio­ni. Non sono uno che si arren­de. I tifosi veri hanno valori im­portanti: e mi hanno teso una mano con affetto. Mi ripetono: «Presidente, riprovaci». Hanno la mia stessa grande voglia. Il Toro non sono quei 200 che nel torbido cercano solo di destabi­lizzare, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del club, se non ci fossi io con la mia grande forza morale e il mio portafoglio a impedire tutto ciò. Mettendoci anima e soldi. E cercando di creare altre basi solide. Come un nuovo centro sportivo tutto nostro, 6 campi, palestra, il pensionato per il vi­vaio… Ne sto già parlando con alcuni collaboratori, stiamo va­lutando delle situazioni nella cintura di Torino, vogliamo realizzarlo ex novo. Devo e vo­glio andare avanti, non posso più aspettare altro tempo. Già un anno fa avrei potuto parti­re, ma mi dicevano di aspetta­re il Filadelfia… Il Fila è nel mio cuore, ma lì si possono fa­re solo 2 campi, e poi le ipote­che non sono ancora state can­cellate. In futuro vedremo: se potrà rinascere, magari ci por­teremo la prima squadra. Ma intanto il vivaio… anzi, tutto il Toro ha bisogno al più presto di un grande centro sportivo con tanti campi. A breve avremo novità. Ecco, avevo un po’ di co­se da dire di getto, capitemi».

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