ROMA, Totti: “Se il problema sono io basta dirlo”

ROMA – Dopo il difficilissimo avvio di campionato, con la Roma che naviga nelle zone profonde della classifica, qualcuno ha additato le colpe degli insuccessi al capitano, Francesco Totti. Il giocatore, simbolo della Roma, scrive una lettera al Corriere dello Sport-Stadio per spiegare il suo punto di vista:

“Avrei voluto riprendere questa rubri­ca in maniera diversa, con una posi­zione di classifica migliore, con risulta­ti positivi rispetto a quelli che abbiamo conseguito fin qui, ma nello sport e nel calcio non sempre quello che si pensa di ottenere poi realmente si concretizza. Siamo partiti in maniera incostante, nel­la partita contro l’Inter avevamo dato se­gni di forte ripresa, ma purtroppo a Na­poli siamo incappati in una nuova scon­fitta. Avevamo concluso lo scorso cam­pionato con una striscia di risultati di al­tissimo livello, che ci ha permesso di ar­rivare a sfiorare lo scudetto a pochi minuti dalla fine. Da lì dobbiamo ripar­tire senza pensare a quello che è accadu­to, ma pensando a noi stessi, con la con­sapevolezza di avere una rosa di gioca­tori altamente competitiva. Mai come in questo momento ci sono state tante prese di posizione relative al­la Roma e al sottoscritto.

Sono ventuno anni che indosso questa maglia, da più di dieci sono il capitano di questa squadra. Ho gioito e ho pianto per i risultati otte­nuti, ma l’ho sempre fatto con lo spirito del primo tifoso e del primo professioni­sta di questa squadra. Chi gioca con la Roma e chi ne è il capitano deve andare sempre in campo con la consapevolezza di battersi con l’avversario faccia a fac­cia, con la giusta spavalderia, cercando di ottenere il massimo risultato. E deve arrivare al novantesimo con la convin­zione di aver sempre dato tutto. Da Boskov a Ranieri, con tutti gli alle­natori che ho avuto alla Roma e anche con quelli delle Nazionali, ho sempre avuto un rapporto leale. Qualsiasi tecni­co ha sempre avuto la massima libertà di decidere se farmi giocare o meno e de­cidere in quale ruolo utilizzarmi per il bene supremo della squadra. Tutti i miei più importanti successi sono stati conse­guiti sempre con il supporto del gruppo e mai solo ed esclusivamente per la mia singola prestazione. Il mio primo ringra­ziamento dopo ogni successo è sempre andato ai miei compagni. Nella mia car­riera ho giocato con tanti attaccanti, tut­ti di enorme valore, da Balbo a Fonseca, da Batistuta a Montella, da Cassano a Delvecchio e a Toni, fino a quelli attua­li. E non solo nella Roma, ma anche in Nazionale. Mi sono sempre adattato alle esigenze della squadra, giocando da tre­quartista, da seconda punta o da prima punta, cercando di ottenere sempre il miglior risultato per la Roma. Basta an­dare a vedere i numeri, chiunque può consultarli. Anche oggi, come ho sempre fatto, sono a completa disposizione del­l’allenatore, che ha la massima libertà e completa autonomia di scegliere l’utiliz­zo in qualsiasi posizione del campo e per la durata che ritiene più opportuna, sen­za mai subìre nessuna pressione dal sot­toscritto.

C’è stata qualche sostituzione che mi ha amareggiato, ma la mia rea­zione è stata legata solo al fatto che non sono stato così incisivo da poter permet­tere alla squadra di vincere e non è mai stata una mancanza di rispetto verso la società, l’allenatore e i compagni. Offro la mia totale disponibilità a gio­care in qualsiasi ruolo l’allenatore mi chieda, anche sapendo di mettere più quantità e meno qualità nelle mie pre­stazioni e soprattutto, a prescindere dai moduli scelti, come in passato mi adatte­rò alle situazioni tattiche, perché non credo che dalla fine dello scorso cam­pionato all’inizio di quest’anno non sap­pia più giocare a calcio. Ad agosto, quel­le stesse persone per le quali oggi non posso giocare avevano chiesto a Pran­delli di riportarmi in Nazionale. Nelle valutazioni ho visto che in queste prime partite ho avuto giudizi positivi nella pri­ma partita con il Cesena e quella con il Bologna. In quella circostanza se fosse entrato quel pallone finito sulla traversa forse si sarebbe parlato di gol dell’anno. In Champions contro il Cluj credo di aver dato un buon contributo, in quella di Monaco ho fatto una prestazione più di quantità che di qualità, rispecchiando l’andamento della gara. Sento dire che alla Roma comanda Totti. Ma comandare siginifica chiama­re giocatori importanti, tipo Toni o Pi­zarro, per convincerli a giocare nella Roma e aumentare il tasso tecnico? Op­pure comandare significa difendere un compagno in difficoltà, come ho fatto con Doni? Oppure difendere i nostri tifo­si e il nostro popolo? Questo significa co­mandare? No, mi sono solo comportato da capitano e probabilmente qualche volta sono dovuto intervenire per difen­dere la Roma perchè altri non lo hanno fatto, forse per non esporsi perchè sono vittime di compromessi e sono già pron­ti a ricollocarsi in futuri assette societa­ri.

Sono sicuro che troveremo insieme, come abbiamo già fatto in passato, la so­luzione migliore per uscire dalla crisi. Non mi permetterei mai di pormi in una situazione di privilegio rispetto agli altri giocatori della Roma. Sono sempre stati gli allenatori e i compagni di squadra ad avere giudizi molto positivi nei miei con­fronti. Inoltre io da capitano della Roma ribadisco di non voler essere il problema di questa squadra. Se chiunque abbia il potere decisionale in questa società ri­tiene che sono diventato un problema di questa squadra, ha il dovere di dirmelo, affinchè io possa prendere le mie deci­sioni. Perchè non voglio essere un peso per nessuno. Sono sempre stato e sarò sempre disponibile per questa squadra e questi colori, per cercare di far sognare i nostri tifosi e di far vincere la nostra Roma”.

Francesco Totti

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