JUVENTUS INTERVISTA A MONTERO – L’ex difensore della Juventus, Paolo Montero. è stato intervistato da Calcio GP, il settimanale diretto da Giancarlo Padovan. Montero ha ripercorso diversi episodi della sua carriera juventina, parlando di Lippi, Agnelli e Zidane, e rivelando il uo più grande rammarico:”Il rigore sbagliato a Manchester“: ecco l’intervista integrale:
In campo eri un “Duro”, fuori sei sempre stato un “Buono”. Qual è il vero Paolo Montero?
«Quello che dava sempre l’anima in campo per la sua squadra, non ascoltava nessuno e voleva vincere a tutti i costi per dare soddisfazioni alla sua gente. Quando vengo a Torino ricevo sempre tanto affetto dai tifosi, vuol dire che qualcosa di buono avrò pur fatto…Ecco, questa è la mia più grande vittoria. E soprattutto sono sempre stato coerente con me stesso, non ho mai fatto il simpatico con i giornalisti per prendere mezzo voto in più in pagella…».
A proposito di vittorie. Nei tuoi nove anni in bianconero hai avuto sia gioie che dolori. Se dovessi farti venire in mente un ricordo più bello e uno più brutto quali sceglieresti?
«Non riesco a scegliere tra Scudetti, Coppa Intercontinentale e Supercoppa Europea. Le vittorie sono tutte belle ed emozionanti. Quello che invece mi fa più male e che ancora oggi mi mette tristezza rivedendo le immagini in tv, è il rigore sbagliato nella finale Champions di Manchester contro il Milan. E’ difficile da digerire. Ma non mi rimprovero nulla, se tornassi indietro sarei ancora lì a riprovarci. Solo pochi hanno il coraggio di prendersi certe responsabilità in momenti così importanti…».
I tifosi ti ricordano anche per un pugno rivolto a Di Biagio durante un Inter-Juventus…
«Cose che capitano in certe partite. Anzi la mattina dopo durante l’allenamento al “Comunale” l’Avvocato mi vede e dice “Paolo si vede che non sei un grande pugile, altrimenti con quel pugno lo avresti messo ko”. Questo era lui, una persona straordinaria. La sua mancanza ancora si sente. Parlava con tutti, dal primo all’ultimo magazziniere… Eccezionale».
E tu hai avuto pure il coraggio di mandarlo a quel paese un giorno…Ricordi?
«Certo. Mi aveva chiamato alle sei del mattino, ma pensavo sinceramente che qualcuno mi stesse facendo uno scherzo e ho staccato. Poi mi ha richiamato dicendomi che era davvero lui e sono rimasto senza parole. Lui era solito chiamare la mattina presto, ma sinceramente non mi aspettavo che mi chiamasse a quell’ora…» .
Tra i vari retroscena della tua carriera, ce n’è uno che forse la gente bianconera ancora non sa, ovvero che prima di arrivare alla corte della Signora eri vicino a firmare per l’Inter. Raccontaci un po’ come è andata. Cos’è che ti ha fatto cambiare idea?
«Sono partito da Bergamo per andare a Milano ad incontrare Sandro Mazzola. La macchina la guidava mio fratello. Durante il tragitto mi arriva la chiamata di Marcello Lippi, che avevo avuto come allenatore anche nel mio primo anno in Italia all’Atalanta. Mi dice di ritornare subito a Bergamo a prendere borsa e vestiti e di ripartire per Torino perché la Juventus mi avrebbe fatto il contratto già in giornata e così è stato. Alle undici e mezza di sera ho firmato in un albergo della città davanti al Direttore Moggi e al papà di Alessio Secco. E’ stata una grande emozione».
La “tua” Juve puntava sempre al massimo e incuteva timore gli avversari. Quella attuale invece è capace di vincere una domenica prima contro l’Inter per poi perdere quella successiva contro i ragazzini del Lecce. Che succede?
«Fa molto male per uno come me che ha a cuore questa squadra vederla in queste condizioni. Mi dà tanta tristezza. Quando si perde le colpe sono di tutti, non solo dei giocatori. L’importante, però, ora è rialzarsi e pensare subito alle partite successive. Nel calcio ci sta la sconfitta, ma devi essere sicuro che hai dato tutto in campo…».
Del Neri al momento ha fatto gli stessi punti di un tuo ex compagno, Ciro Ferrara, che poi è stato esonerato. Non ti fa un certo effetto vedere un allenatore come lui, che non ha mai vinto un titolo, alla guida della squadra più titolata d’Italia?
«Io non conosco personalmente Delneri. Non conta tanto però il fatto di aver vinto o meno qualcosa. E’ questione di mentalità, atteggiamento. Anche Lippi quando è arrivato il primo anno alla Juve non aveva vinto niente. Poi sappiamo tutti quello che ha fatto…».
In questi giorni il tuo ex Direttore, Luciano Moggi, ha detto che in società manca qualcuno che sappia motivare i giocatori prima delle partite contro le “piccole”, dove è difficile trovare la giusta concentrazione. Forse è proprio lui che serve a questa squadra. Sei d’accordo?
«Il Direttore è stato il migliore di tutti, era lo Zidane dei direttori. Riusciva sempre a mantenere compatto il gruppo e sapeva farsi sentire nei momenti opportuni. Ricordo ad esempio quando dopo un Juventus- Venezia, finito 4-0 per noi, il martedì successivo venne negli spogliatoi e ci fece un bel discorsetto accusandoci di aver fatto troppo i fenomeni. Dopo una partita che avevamo perso invece, giocando bene, ci riempì di complimenti…Questo era Moggi. Ma non voglio fare paragoni con Marotta, l’ho visto solo una volta all’Olimpico e non posso giudicarlo».
Hai detto che Moggi era il migliore. Eppure sono convinti certi “onesti” che quella squadra era aiutata dagli arbitri, dalla cosiddetta “cupola”…
«Non mi interessa quello che dicono o pensano gli altri. Tutti dicevano che eravamo dopati ma nei processi qui a Torino siamo stati assolti…Tutti sanno dentro di sé chi era veramente la squadra più forte. Proprio per quello davamo fastidio, perché vincevamo sempre…».
Conosci bene Andrea Agnelli. I fans juventini ancora oggi non sanno se realmente ha ancora voglia di investire su questa squadra. Ti senti di tranquillizarli?
«Andrea per riportare la Juve ai vertici darebbe anche una parte del corpo…Ama troppo questa squadra, la gente deve solo avere un po’ di pazienza, è qui soltanto da pochi mesi. Il nome Agnelli poi è una garanzia, se non investe lui chi dovrebbe investire in questa società…Non ho mai visto persone così appassionate per la Juventus».
Parliamo ora di un tuo ex compagno, Alessandro Del Piero. E’ giusto che la società accetti le sue pretese per quanto riguarda il rinnovo di contratto?
«Per quello che ha dato Alex alla Juve la società dovrebbe rinnovargli il contratto per altri dieci anni. E’ la bandiera, il simbolo di questa squadra. E’ uno dei pochi a fare la differenza in campo. Fino a quando se la sentirà di giocare è giusto accordarlo. Ma deve essere lui a decidere, a una certa età sono decisioni difficili da prendere».
Hai giocato al fianco di grandi campioni. Chi è stato il più forte?
«Senza dubbio Zidane. Fuoriclasse assoluto, faceva quello che voleva con la palla. In allenamento era uno spettacolo. Non mi sorprendeva affatto poi vedere alcune sue giocate in partita. Mi ero già abituato».
L’arrivo di Capello ha sancito la fine della tua esperienza bianconera. Come ti sei lasciato con lui?
«Non è mai mancato il rispetto tra noi. Siamo due persone che non amiamo discutere molto ma non è vero che non ci parlavamo affatto. Le sue scelte le ho sempre rispettate, in quel momento era giusto far giocare Cannavaro e Thuram».
Un allenatore fondamentale, invece, per te e per certi versi anche un “padre”, è stato Marcello Lippi.
«La persona alla quale sarò sempre grato, per tutta la vita. Gli devo tutta la mia carriera forse anche di più…Non ci sono parole per definirlo, mi ha permesso di realizzare tutti i miei obiettivi».
Vedi nel calcio di oggi un nuovo Montero?
«Non mi piace parlare di questi paragoni. Ogni giocatore è unico nelle sue caratteristiche. Mi auguro comunque che ci siano in giro difensori più forti di me».
Fai il procuratore di giovani talenti. Il tuo sogno è quello di portare magari un nuovo Cavani alla Juve?
«Lavoro in quella direzione. Ma anche un nuovo Abel Hernandez non mi dispiacerebbe… Per lui e Cavani avevo predetto un futuro roseo quando erano ancora ragazzini… ».
Se ti proponessero di tornare in bianconero, magari come “Ministro degli Esteri”, cosa risponderesti?
«E’ un immenso piacere. Ma di sicuro io non mi propongo a nessuno. Devono essere loro a chiamarmi. Andrea e Pavel sanno come la penso…».
Pronostico secco. La Juventus arriverà quarta?
«Non voglio illudere nessuno. I punti di distacco cominciano ad essere tanti, la vedo dura. Purtroppo mi sa che non ce la farà».