MANCHESTER UTD GIGGS – Denis Irwin, che in quello strano pomeriggio del 2 marzo 1991 gli lasciò il posto quando la partita era persa, dice che il ragazzino aveva “occhi come lastre infangate, grigi e lontanissimi“. Un’espressione che era una bizzarra via di mezzo tra la paura e l’azzardo. Ryan Giggs aveva 17 anni ed era sottile come una betulla.
“Se ti soffiano addosso cerca di non cadere. Vedi di non deludermi se ce la fai», gli disse Ferguson. Il ragazzino, un’ala sinistra classica, si mise diligentemente sulla fascia. Alla prima azione rimediò una tacchettata che gli aprì un ginocchio. Sacramentò contro tutti i santi del firmamento, guardò Ferguson, si rialzò in piedi mordendosi un labbro fino a sanguinare e si rimise a correre. Non fu una gran gara, ma fu una gara vera. Sir Alex quella sera andò a casa con la sua soddisfazione. “La cicatrice ce l’ho ancora. È lì a ricordarmi il momento esatto in cui sono entrato nel mondo dei grandi“. È il ricordo numero uno di una storia fatta di 827 partite, 158 gol, 131 compagni di squadra, 11 Premier League e due Champions League vinte. Un solo allenatore. E soprattutto una sola maglia. “Mai pensato di andare altrove, mai sognato una carriera così”.
Ferguson raccontava ieri, prima della gara col Chelsea, che anche adesso sulla fascia non c’è nessuno come Giggs. Punta l’uomo e se lo beve. “Mi ha detto che tra 15 mesi si ritira. Mi sembra impossibile“. Ryan l’ha guardato come si fa con un padre. Uno a cui si vuole bene. “Vedrai, un altro che non cade al primo calcio prima o poi lo trovi“. Poi gli ha sussurrato all’orecchio. “La verità è che l’idea mi fa una paura maledetta“.
FONTE: lastampa.it