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Squalifica Conte/ Ecco perché l’America è un posto migliore: le pene inflitte a Sean Payton

Sean Payton (Getty Images)

SQUALIFICA CONTE ECCO PERCHÈ L’AMERICA È UN POSTO MIGLIORE LE PENE INFLITTE A SEAN PAYTON/ Roma – La squalifica inflitta ad Antonio Conte nell’ambito dell’inchiesta sul Calcioscommesse è ormai un argomento discusso da tutti. L’allenatore della Juventus oggi ha avuto, rispetto ai 10 mesi iniziali di squalifica, una riduzione della pena del 60%, che finirà quindi ora il 9 Dicembre. Fino a quel giorno cosa sarà vietato all’ex capitano bianconero? Sommariamente parlando soltanto di guidare la squadra in campo e di concedere interviste in zona mista. Come se ciò non fosse già poco, il tecnico prova in ogni maniera a violare le regole, è stato notato anche dalla stampa inglese il suo “scomparire” quasi sempre a fine primo tempo per fare solo un esempio. In America è scoppiato dal 2009 un caso nella NFL conosciuto come “New Orleans Saints bounty scandal”, nel quale la squadra dei New Orleans Saints è stata accusato di mettere delle “taglie” sugli avversari, pagando quindi i propri tesserati se fossero riusciti ad infortunarli e a costringerli a lasciare le partite. Analogamente ad Antonio Conte, è stato squalificato l’allenatore di questa squadra, Sean Payton, colpevole di aver nascosto tutto ciò, o di aver fatto finta di non saperne nulla, ed è qui che iniziano le differenze fra il nostro Paese e gli Stati Uniti, sia sotto il profilo personale che sotto quello della Lega: il tecnico a stelle e strisce è stato squalificato per tutta la stagione e non può aver alcun contatto con la sua squadra, nemmeno per telefono, mail o posta e non può parlarne. L’allenatore, dopo aver ricevuto definitivamente questa sanzione si è scusato, pentito, ed ora si attiene scrupolosamente alle regole, nonostante sia stato infatti interpellato su quanto accaduto ha sempre e solo risposto con il più classico dei “no comment”, non ha di certo invocato conferenze stampa gridando allo scandalo o al più biscardiano dei “gomblotti”. Non mi interessa capire se queste pene siano giuste o meno, ma viviamo in una società civile, che deve proprio al rispetto delle regole la sua civiltà: sarebbe ora che noi italiani smettessimo di far passare per vittime i colpevoli, e che i colpevoli iniziassero ad abbassare il capo in segno di vergogna per quanto commesso, o per i nostri atti di ignavia.

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Pubblicato da
Luciano Luca Grassi

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