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Da Rudi a Rüdiger, lo scempio Roma è un mostro a tre teste

Bayer-Roma (Getty Images)

Roma – Tra Rudi Garcia e la Champions League non è mai scoccata la scintilla, ma non serviva certo la rocambolesca partita di ieri per ricordarcelo. In 21 gare sin qui disputate nella fase a gironi, il tecnico francese ha collezionato un bottino a dir poco misero: 11 sconfitte, 7 pareggi e 3 vittorie, frutto di 25 gol realizzati e ben 41 reti subite. Ma fare di queste statistiche il vessillo per una crociata anti-Garcia sarebbe riduttivo e superficiale. I numeri dicono molto, ma non tutto. Sarebbe sicuramente più costruttivo analizzare le pecche tattiche e strategiche dell’ex Lilla che, anche ieri, ci ha messo del suo per buttare al vento una vittoria che sembrava ormai alla portata della Roma. Gettare la croce addosso al tecnico giallorosso per l’ingresso in campo di Edin Dzeko dopo aver subito il gol del 3-4 è lecito e condivisibile, ma agli occhi di chi scrive il primo, gravissimo errore commesso dal transalpino risale al minuto 73′. Da un allenatore lucido e capace, ci si aspetterebbe una mossa semplice e lineare subito dopo la rete del 2-4 di Iago Falque: togliere immediatamente Nainggolan, gravato di un cartellino giallo, e gettare nella mischia Vainqueur per randellare tutto e tutti, senza la paura di rimanere in 10 uomini. Per quanto concerne le numerose falle difensive che accompagnano ormai da inizio stagione la compagine capitolina, il buon Garcia ha senza dubbio le sue colpe, ma è solamente il mandante di un delitto ordito, architettato e concepito in ogni suo passo da Walter Sabatini.

Per costruire un castello solido e inespugnabile, non basta munirlo di alte e bellissime torri, ma servono delle fondamenta solide, che siano in grado di attutire ogni colpo. Per tutta l’estate, fonti più o meno vicine al club ci hanno riempito la testa con il ritornello “a destra siamo coperti così”, ma la gara di ieri è stata la demolizione definitiva di questa idiozia. Di terzino di ruolo e integro ce n’è solo uno, l’ellenico Torosidis che non brilla certo per continuità. Ma l’errore più madornale va ricercato nella costruzione del pacchetto centrale, smantellato negli ultimissimi giorni di mercato, con la cessione dell’eroico Yanga-Mbiwa. Anche qui, c’è solamente un calciatore realmente al 100%, il buon Manolas che, a differenza del suo connazionale, è un profilo di livello assoluto. Con un Leandro Castan al rientro dopo un anno di inattività e un Ashley Cole caduto nel dimenticatoio, completare la retroguardia con il convalescente Rüdiger, con l’oggetto misterioso Gyömber e con la scommessa (ennesima) Emerson Palmieri, significa abbassare il ponte levatoio e fare entrare il nemico in casa senza colpo ferire (la Roma subisce gol da tutti e ha mantenuto la porta inviolata solamente contro il Frosinone, complice anche un rigore solare non concesso ai ciociari). Una buona organizzazione difensiva deriva sicuramente dagli automatismi, ma anche dagli uomini: con la coppia Benatia-Castan, il sodalizio capitolino subì solamente 25 gol in un intero campionato al primo anno di Rudi Garcia.

Ma lo scempio giallorosso è un mostro a tre teste e sarebbe ingiusto addossare tutte le colpe all’allenatore e a Walter Sabatini. Tralasciando le numerose ed evidenti responsabilità dei giocatori, è da giugno che ci chiediamo se la proprietà sia stata veramente così convinta nella conferma del 51enne di Nemours. A fine campionato, volarono parole grosse tra le parti in causa e da allora si ha la sensazione di assistere ad un matrimonio di convenienza tra un coniuge (l’allenatore) ancora privo di altre spasimanti e un altro (la società) scarsamente propenso ad accollarsi le ingenti spese derivanti da un’eventuale separazione.

Daniele Trecca

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Daniele Trecca

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