Roma – A due giorni dal derby di Roma torna a galla il tormentone: Viene prima il bene della squadra o quello personale del campione-bandiera? La città, con riferimento alla sponda giallorossa, in questo caso è spaccata in due. C’è chi come il condirettore di Sky Sport Caressa vorrebbe vedere Totti in campo fin dall’inizio nella sua probabile ultima stracittadina: “Se ha 15 minuti nelle gambe sovvertiamo le regole del calcio e facciamolo giocare dall’inizio, magari stringendo la mano a un grandissimo come Klose”, le sue parole. E chi invece – la minoranza stando ai sondaggi – sta dalla parte di Spalletti che per tenere blindato il terzo posto vuole schierare la migliore formazione possibile che non prevede lo storico capitano, semmai utilizzabile nei quindici-venti minuti finali, con il quale i rapporti sono da tempo ai minimi storici. Quello che sta accadendo a Totti prima del derby capitolino accadde grossomodo prima di quello milanese del 4 maggio 2014. L’ultimo della carriera di Javier Zanetti, che Mazzarri preferì tenere in panchina per tutti i novanta minuti. Una scelta coraggiosa come sbagliata – quel Milan-Inter, in cui prevalsero i rossoneri grazie a de Jong, valeva poco in termini di classifica, niente in confronto a Lazio-Roma di domenica prossima – che ruppe definitivamente non solo il rapporto tra il capitano, poi diventato vice-presidente, e il mister di San Vincenzo, ma anche quello dello stesso tecnico coi tifosi interisti che già non lo amavano e che sei mesi più tardi si rivelarono decisivi, in aggiunta ai risultati tutt’altro che brillanti per il suo esonero.
Raffaele Amato www.calciomercatoweb.it
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