Daniele De Rossi saluta la Roma: il capitano giallorosso ha raccontato in conferenza stampa i motivi del suo addio, voluto dalla stessa società
La mattina del calcio italiano è stata sconvolta dall’annuncio dell’addio di Daniele De Rossi alla Roma. Il capitano giallorosso lascia la sua squadra del cuore (ma non il calcio giocato) dopo 18 stagioni e all’interno di una conferenza stampa ha raccontato i motivi della separazione. Accanto a lui il CEO della Roma Guido Fienga, che ha spiegato: “Ieri abbiamo comunicato a Daniele la decisione della società di non rinnovare il suo contratto. Ci piacerebbe vederlo nella nostra dirigenza”. Una scelta che ha di certo amareggiato De Rossi: “Se avessi la bacchetta magica metterei qualche coppa in bacheca, ma non rimpiango di aver scelto la Roma per tutta la carriera. Però potevo ancora continuare a giocare qui, magari uno o due anni. Però c’è una società che ha il compito di prendere delle decisioni e quindi ci sta”.
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Daniele De Rossi, però, non nasconde affatto la delusione per la decisione ma anche per il comportamento della dirigenza della Roma nei suoi confronti: “Non sono scemo, ho 36 anni e conosco il calcio. Avevo già capito da tempo la decisione della società, perché nessuno si è fatto sentire per tutto l’anno. E spero che la società migliori in questo, nella comunicazione. Anche perché la lontananza può generare questi fraintendimenti”. Le frecciatine del centrocampista non finiscono qui: “Io voglio giocare e loro non vogliono, non sono felice ma non ho rancore. Un giorno parlerò anche con il presidente e con Franco Baldini. Devo accettarlo altrimenti mi faccio male da solo. Io già dirigente? Avrei rinnovato il contratto a uno come me”. Il CEO Fienga giustifica la poca comunicazione tra la società e De Rossi con una stagione travagliata, fatta di tanti stravolgimenti tecnici e dirigenziali. E il numero 16 replica: “Io ho firmato due anni dopo l’addio di Totti, già lì c’era incertezza“.
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Poi sul futuro: “Penso che mi piacerebbe fare l’allenatore. Fare il dirigente non mi attira, ma a Roma poteva avere un senso diverso. La sensazione è che per ora si possa incidere poco in un ambiente così, non me ne voglia chi è venuto prima. Faccio fare il lavoro sporco a Totti, spero prenda potere. Poi magari un giorno lo raggiungerò. Vero che mi accoglieranno a braccia aperte, ma prima vorrei imparare. Il 27 maggio, intanto, ho un aereo alle 3, ne ho bisogno. Poi penserò a trovarmi una squadra. Vediamo, ne devo parlare a casa, con il mio procuratore e con me stesso. Ad oggi non so dove andrò, dopo controllerò i 500 messaggi e vedrò se c’è qualche offerta”.
F.I.
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