Luciano Moggi torna a parlare di Calciopoli e racconta di quando ha pensato al suicidio.
Nel corso del documentario The Dark Side of the Sport realizzato da Netflix, l’ex amministratore delegato della Juventus dal 1994 al 2006 ha raccontato la sua storia nel mondo del calcio: “Ho perseguito l’obiettivo del calcio, che era la mia passione. Il calcio in realtà è uno sport puro, è uno sport dove vince chi gioca meglio” ha dichiarato, ammettendo che “se abbiamo vinto sette campionati, che credo sia una cosa importante, evidentemente i giocatori che abbiamo comprato, da Zidane a Nedved e Cannavaro erano quelli giusti. Noi non abbiamo mai chiesto a nessuno di vincere la partita: la vincevamo con le nostre forze. Poi è come se fossi stato in cima a un albero e tutti fossero pronti da sotto a sparare”.
LEGGI ANCHE >> Roma, preoccupano le condizioni di Abraham: “Abbiamo visto le foto”
Moggi ha raccontato i giorni della vicenda Calciopoli: “I primi dieci sono stati tremendi – ricorda l’ed dirigente – Televisioni, radio e giornali ripetevano costantemente ‘scandalo nel calcio eccetera’, ma io non mi sono mai approfittato di niente e di nessuno. Essere tacciato da ladro mi ha fatto male. Devo dire che mi sentivo abbastanza abbattuto. Avevo vergogna pure a passeggiare per le strade: era come se mi fosse caduta addosso non una tegola, ma un’intera casa”.
Calciopoli, quando Moggi pensò al suicidio
“Quella squadra era il mio capolavoro e in quel momento lì ho pensato a tante cose” ha confessato Moggi “anche al suicidio” ma la religione “mi ha insegnato che la vita è fatta di tanti momenti, belli e brutti, e bisogna andare avanti, combattendo anche quelli brutti. Nel momento più brutto ho sentito una forza interiore dentro di me che mi diceva ‘devi combattere, devi dimostrare al mondo che ciò che è stato detto e fatto sono finzioni’”.
LEGGI AMCHE >> Altra tegola per il Milan: UFFICIALE, big positivo al Covid
Infine Moggi ha ribadito: “Volevo capire cosa avevo fatto. Non avevo idea di cosa potessero imputarmi. Parlavo con i designatori, ma parlavo come parlavano tutti, cercavamo di tutelarci. Sono per la giustizia, sono per un mondo per bene, ma devo dire che leggendo quella scritta, ‘la legge è uguale per tutti’, ho avuto dei dubbi, perché se fosse stato scandalo questo era lo scandalo generale del calcio, a 360°, non a venti gradi: non riguardava solo me”.