Rivoluzione al Paris Saint-Germain dopo la disfatta Champions: tra il sogno Zidane-Wenger al filo rosso con Thiago Motta
Una cosa è certa e si può ben vedere oltre la cortina di fumo che si è alzata sul Psg dopo l’eliminazione dalla Champions League. Al momento è probabilmente l’unica: Mauricio Pochettino lascerà Parigi al termine della stagione.
Troppo pesante l’onta (da non addebitare certo tutta al tecnico argentino) per pensare di ritrovarlo al suo posto alla porte della stagione del Mondiale qatariota, che sotto la Tour Eiffel ha un valore anche simbolico molto forte per la proprietà del club parigino. Le soluzioni all’orizzonte si muovono su linee di demarcazione molto nette: quella nel solco della parata di stelle – da sempre il mantra del Psg targato Nasser Al Khelaifi – e quello di una rifondazione che guardi verso un nuovo spirito autoctono. Attenzione perché un percorso non esclude l’altro e le linee, anziché viaggiare parallele, potrebbero anche incontrarsi a metà strada e fondersi.
In questo momento c’è una forte spinta avvalorata da ragioni tecniche e di prestigio, che guarda verso un’accoppiata tutta francese ma con un respiro internazionale qualificato e profondo: Zinedine Zidane in panchina e Arsene Wenger nelle vesti di direttore plenipotenziario delle strategie sportive del club. Zizou porta in dote 26 trofei vinti da giocatore (15, di cui 2 con la Francia) e da allenatore (11). Wenger è l’uomo della provvidenza dell’Arsenal con cui ha alzato 17 trofei tra Premier e Coppe in Inghilterra a cui si aggiungono i 4 vinti tra il Giappone e casa sua, la Francia, con il Monaco.
E’ sicuramente questo il duo più gettonato dentro il percorso di una rivoluzione profonda. Per ripartire, per andare a prendere per le orecchie la Coppa, l’unica che conta a certe latitudini sportive e finanziarie: quella che Zidane, per intenderci, ha vinto una volta giocandola con la maglia del Real Madrid e tre sulla panchina dei Blancos (il tris da allenatore, peraltro, è un record condiviso con Bob Paisley e Carlo Ancelotti). Cosa separa l’ambizioso obiettivo dalla chance di realizzarlo? Qualcosa di non poco conto, in effetti: ma, in situazioni come questa, anche superabile.
Il fatto che a Zidane stia pensando tanto (anche con qualche passaggio formale) la Francia per metterlo a capo del progetto tecnico della nazionale. Il contratto di Didier Deschamps scadrà a dicembre di quest’anno, proprio dopo il Mondiale in Qatar: e questo, attenzione, potrebbe anche essere l’aspetto su cui far leva con Zizou. Gli altri candidati che circolano all’impazzata – Allegri, Conte, Simeone – sono tutti dietro il Sogno. Ma c’è invece l’altra linea da seguire, una sorta filo rosso che lega l’anima del Psg, la sfera più emozionale e più rivoluzionaria ancora, al nome di Thiago Motta, l’attuale tecnico dello Spezia: sei stagioni da giocatore al Paris, 19 trofei, dai cinque campionati ad altrettante Supercoppe e Coppe di Lega più 4 Coppe di Francia.
Thiago al Psg accende passione e appartenenza, come Xavi al Barcellona o Gerrard al Liverpool. E’ il candidato del destino, quello che potrebbe non essere scritto per l’immediato, ma che ha una sorta di percorso naturale in cui le parti sanno di doversi piacevolmente ritrovare. Se questo percorso possa accelerare dentro la spinta della rivoluzione che guardi ad un’idea nuova, questo oggi non si sa con chiarezza: ma in un Psg ripensato per diventare laboratorio oltre che parata di stelle, con Poissy e i suoi 74 ettari divisi in 17 campi, e un uomo votato alla costruzione e al talento come Thiago, autorevole, pacato, giovane, vincente per vocazione, figlio del club in cui tornerebbe a lavorare da tecnico, ecco che tutto sembrerebbe essere favolosamente al suo posto per ripartire.
Anche qui, una cosa si sa: che Thiago Motta comunque finisca non sarà ancora l’allenatore dello Spezia, dove è stato inspiegabilmente capito poco e per adesso è a +7 dalla zona retrocessione. Questo bolle a Parigi in giornate sicuramente non facili. Non servirà molto per capire quale sarà la strada maestra.
F.S.
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