Alessandro Renica è tornato alla ribalta dopo la questione Cassano: ecco qual è la sua vita dopo Maradona. Il dramma in famiglia che nessuno conosceva è venuto alla luce.
Alessandro Renica, 60 anni, faceva parte del magico gruppo, capitanato e trascinato da Maradona, che valse il primo storico scudetto al Napoli.
Renica in quella squadra ricopriva il ruolo di libero, prima di Napoli l’esperienza a Genova, sponda blucerchiata. Nel 1982 fu il primo acquisto dell’era Mantovani nella stessa estate in cui arrivò Roberto Mancini; due anni dopo arrivò anche Gianluca Vialli. Con la Sampdoria vince una Coppa Italia nel 1985.
Al Corriere l’ex calciatore ha raccontato i suoi anni a Napoli: “Ero il regista difensivo e di solito verticalizzavo subito perché là davanti avevamo tre mostri: Maradona, Giordano e Carnevale. Poi Careca al posto di Giordano“. Oltre ai due scudetti, con la maglia azzurra ha vinto una Coppa Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana.
Gli ultimi anni da calciatore li ha trascorsi nella sua Verona fino al ritiro nel 1993. Dopo inizia la sua avventura da allenatore, mai sfociata ad alti livelli: “Ho vinto un campionato col Trissino. Anche a me sarebbe piaciuto bruciare le tappe, ma sono convinto che un allenatore debba fare gavetta. Mi sono però reso conto che è un percorso spesso travagliato da situazioni che poco hanno a che fare col calcio“.
Una vita quella di Renica nella quale ha dovuto superare diversi ostacoli, come ad esempio la droga. Da ragazzino con la famiglia si trasferisce a Verona, zona Golosine, in quegli anni un quartiere difficile. Tanti altri amici li ha visti perdersi nella trappola della droga, allora un flagello a Verona: “La chiamavano la Bangkok d’Italia: io nel calcio e mio fratello Loris nel rugby, grazie allo sport ci siamo tenuti lontani da quei pericoli“.
Dopo la morte di Maradona, Renica ha raccontato un aneddoto che riguarda la sua vita privata, la nascita della figlia Federica, nel 1996, e la sua gemella Veronica, che non superò il parto. “Qualche giorno dopo io nello sconforto più totale e pieno di tranquillanti ricevo una telefonata, l’unica”. Era proprio Diego Armando Maradona, che a Renica dice delle parole così belle che lo risollevano, gli danno forza e coraggio e speranza, visto che anche Federica era in pericolo di morte. “Come al solito il dio del calcio ha avuto ragione. Poi qualcuno si chiede perché lo amavamo. Diego non si tocca, non ci provate, non ve lo permetterò“.
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