Una battaglia condotta in silenzio, per anni: Giraudo scende in campo contro lo Stato Italiano, torna l’ombra di Calciopoli.
A 20 anni di distanza, la vicenda Calciopoli, quella che condusse mestamente in serie B la Juventus, quella che scoperchiò un pentolone di illeciti legati a personaggi come Moggi e Giraudo, non sembra affatto archiviata. Se lo è per la giustizia sportiva, non lo è per quella ordinaria, dove, anzi, le situazioni, potrebbero essere destinate addirittura ribaltarsi.
Per la giustizia sportiva, le condanne per Moggi e Giraudo, a capo di un vero e proprio sistema che alterava le partite, sono state esemplari: radiazione da qualsiasi incarico ufficiale. Eppure, adesso, dopo anni, è lo stesso Giraudo a chiedere i conti, alla giustizia ordinaria, di quanto subito.
A dare conferma di quanto sta accadendo l’agenzia LaPresse che fa sapere che lo scorso 4 luglio si è infatti tenuta innanzi al Tar di Roma la prima udienza della causa promossa proprio dall’ex dirigente della Juventus Antonio Giraudo.
I ruoli quindi si sono ribaltati: adesso è Giraudo la presunta parte offesa. Giraudo, in poche parole, scende in campo legalmente contro lo Stato e attraverso i suoi avvocati chiede che sia “accertata la responsabilità dello Stato italiano per i gravissimi danni e pregiudizi subiti a causa delle disposizioni della legge 280/2003 del 17 ottobre 2003”.
In parole povere, gli avvocati di Giraudo fanno perno sul fatto che la giustizia sportiva, che nel nostro ordinamento rimane tutt’ora vigente, sarebbe in profondo contrasto con i principi del diritto europeo.
Siamo di fronte al tentativo di rivoluzionare quanto accade da sempre nel mondo sportivo quando si è di fronte all’accertamento di illeciti. E se la sentenza dovesse dare ragione a Giraudo, crollerebbe tutto il solido castello costruito, nel nostro sistema, sulla solidità della giustizia sportiva che, secondo i legali dell’ex dirigente juventino, crea da tempo un vero. e proprio monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni, violando così il principio generale di diritto UE della tutela giurisdizionale effettiva.
Gli avvocati di Giraudo, a distanza di 20 anni, potrebbero tentare di riabilitare la sua figura, dimostrando che siamo di fronte ad una presunta incompatibilità rispetto ai principi del diritto comunitario. Probabilmente Giraudo non verrà mai prosciolto dalle accuse e anzi, quasi certamente, non tornerà mai ad occupare il ruolo di dirigente sportivo, tuttavia potrebbe ottenere un congruo risarcimento danni, se fossero accertate le responsabilità dello Stato che, dando peso alla giustizia sportiva, rispetto al diritto europeo, ha di fatto minato sul nascere la possibilità di Giraudo di difendersi.
Ciò che ha stabilito la Figc in termini di radiazione non potrà mai essere modificato ma, la battaglia condotta in silenzio da Giraudo, potrebbe aprire scenari inattesi e regalarci una sentenza che potrebbe “fare giurisprudenza”. Poco meno di due anni fa la Corte europea dei diritti dell’uomo ha considerato ammissibile il ricorso che l’ex dirigente aveva presentato nel marzo del 2020, dato da non sottovalutare perché circa il 90 per cento delle richieste vengono respinte. Se Giraudo dovesse vincere la sua battaglia, il peso della giustizia sportiva, in Italia, non sarebbe mai più lo stesso.
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