La pronuncia della Cassazione su Prisma ha riaperto la diatriba tra la giustizia sportiva e quella ordinaria. Il parere di un esperto.
Il 6 settembre scorso, accogliendo le istanze dei legali dei 12 imputati del processo Prisma, i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che Roma sarà la sede del procedimento. In assenza delle motivazioni, si ritiene che la scelta sia dovuta al fatto che le comunicazioni, se false, assumano la veste di reato, solo una volta caricate sui server della Borsa. Questi ultimi, infatti, hanno sede nella Capitale.
La decisione della Suprema Corte ha nuovamente alimentato la discussione su diversi aspetti, sia sulla legittimità delle sentenze Figc, sia sul modus operandi della giustizia sportiva. Proprio sulle modalità di svolgimento dei processi in Figc o presso il Coni, si è tornato ad ipotizzare l’ennesima riforma della giustizia domestica di settore.
Sempre ricordando come le istituzioni mondiali calcistiche, almeno a parole, difendano con forza l’autonomia del mondo sportivo rispetto all’influenza dei governi di turno. A prendere la parola, dopo i tifosi, soprattutto addetti ai lavori. La materia resta decisamente complicata, per questo molto spesso anche tra i comunicatori la figuraccia è dietro l’angolo.
Lo specialista in diritto: “Il calcio merita una riforma seria”
Tra i professionisti in grado di illuminare lo stato dell’arte dei processo sportivi, figura certamente l’avvocato Paco D’Onofrio. Intervenuto ai microfoni di TvPlay, l’esperto non ha usato mezzi termini per condannare le contraddizioni del binario giustizia sportiva-giustizia-ordinaria. Per D’Onofrio il dispositivo di Piazza Cavour rappresenta un successo per la Juventus, ma sulle sentenze sportive questo non avrà conseguenze.
“Il problema è che il processo sportivo si è basato su una cosa che oggi non è più valida”, ha ribadito il ‘Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Management delle attività motorie e sportive’ dell’Università di Bologna. Per lo specialista in diritto, “non c’è nessuna logica per poter riaprire la dimensione sportiva di questa vicenda”.
D’Onofrio ha messo nel mirino i criteri con cui si muove la giustizia sportiva, definendo imprudente la scelta della FIGC di fare propria tutta l’ipotesi accusatoria della Procura di Torino, ora non più titolata a giudicare. “L’unica soluzione è una riforma della giustizia sportiva. In cuor loro i presidenti delle altre squadre sanno che certi meccanismi non vanno bene.”, ha ricordato ancora l’avvocato. D’Onofrio ha parlato anche della lunghezza del processo, ha affermato che sarà molto longevo e che difficilmente terminerà entro due anni.
In sostanza, la soluzione appare quella di mettere pienamente le mani nei codici. “Quale imprenditore metterebbe soldi nel calcio se il sistema non garantisce risposta pronta? Il calcio merita una riforma seria”, ha aggiunto ancora, prima di mostrare apprezzamento per la linea adottata dalla Juventus nel processo sportivo.
D’Onofrio: “La Juve ha fatto bene a contenere il danno”
L’avvocato ha ritenuto ragionevole la scelta della Juventus di patteggiare, soprattutto in base al contesto nel quale il dibattimento sulla manovra stipendi si sarebbe svolto. “Una serie di fattori portava a pensare al rischio di due stagioni fuori dall’Europa. Lungi dall’essere una resa, il patteggiamento è altro”, ha sottolineato.
“In quel momento hanno fatto bene a contenere il danno”, ha concluso D’Onofrio. Per quest’ultimo, il patteggiamento siglato il 31 maggio ha favorito la successiva mano morbida della Uefa. A Nyon infatti, si sono limitati ad escludere la Juve per un solo anno dalle Coppe, senza approfondire oltre le eventuali irregolarità commesse, soprattutto in tema di manovra stipendi.
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